Le evidenze dei cambiamenti climatici, dagli eventi estremi alla siccità, hanno portato l’Europa a definire una strada molto precisa per la decarbonizzazione, a favore di un’economia basata sulle fonti energetiche rinnovabili e di un modello di sviluppo più attento alla sostenibilità. L’urgenza di questo percorso è stata rafforzata dalla guerra in Ucraina, che ha mostrato come la dipendenza energetica da un solo Paese (la Russia) espone l’intero sistema socio-economico alla volubilità delle questioni geopolitiche.
Se l’obiettivo verso la sostenibilità è tracciato e condiviso, le modalità per raggiungerlo si stanno rivelando più divisive di quanto previsto, come dimostra la discussione sulle cosiddette “abitazioni green”, che sta tenendo banco a livello europeo.
Abitazioni green: cosa prevede la direttiva europea e perché fa discutere
La direttiva sul rendimento energetico degli edifici1 è una delle componenti del pacchetto “Fit for 55”2, il piano dell’Unione Europa che punta a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 per avvicinarsi alla neutralità climatica.
Uno dei pilastri per questa trasformazione è l’efficientamento energetico che, inevitabilmente, passa anche dagli edifici perché, secondo la Commissione Europea, l’edilizia è responsabile del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all’energia.
Cosa prevede la norma? Il contenuto è ancora in fase di elaborazione e, probabilmente, quello definitivo sarà pronto per l’estate 2023. Tra i punti portanti contenuti nella bozza legislativa preparata da Bruxelles, c’è però la nuova definizione di “edifici a emissioni zero” (ZEB), in sostituzione di quella di “edifici a energia quasi zero”. Si parla, cioè, di immobili in grado di funzionare e assicurare il massimo comfort annullando in modo complessivo le emissioni emesse durante il ciclo di vita dell’edificio, attraverso efficientamento energetico e fonti rinnovabili, che dovrebbero alimentare anche gli elettrodomestici.
L’obiettivo ideale sarebbe di avere un patrimonio edilizio in Europa completamente a emissioni zero, in tempi rapidi. Nella prima bozza della Commissione, ad esempio, era previsto, così, che tutti gli immobili pubblici e non residenziali raggiungessero la classe F nel gennaio 2027 e quella E nel gennaio 2030, mentre per quelli residenziali le scadenze erano gennaio 2030 per la classe F, gennaio 2033 per la classe E.
Questi “desiderata” si scontrano però con le realtà dei diversi Paesi che hanno una composizione del patrimonio immobiliare molto eterogenea. Chi ha percentuali rilevanti di edifici in classi energetiche basse sta cercando di contrattare per ottenere soglie e tempi più “morbidi” (in particolare, Paesi come l’Italia, Grecia, Polonia, Svezia, Slovenia).
L’ultimo testo dice che entro il primo gennaio 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno rientrare nella classe energetica E, mentre entro il 2033 dovranno passare alla classe D, per arrivare alle emissioni zero al 2050. La sanzioni saranno però decise dai singoli Stati.
La negoziazione non è ancora terminata. Dal 13 al 16 marzo la bozza dovrebbe arrivare alla sessione plenaria del Parlamento Europeo e diventerà la base per le negoziazioni che ogni Stato Membro porterà avanti, prima di arrivare alla versione finale.
Transizione energetica, tra incognite ed opportunità
La vicenda delle “abitazioni green” è un esempio di quello che probabilmente accadrà nel corso della transizione energetica e, in generale, di quella ecologica.
La transizione, infatti, porta inevitabilmente a cambiare paradigmi e modelli di sviluppo radicati e consolidati da tempo, imponendo una profonda trasformazione del sistema economico. Nel breve periodo, questo potrebbe portare anche a impatti negativi per interi settori su cui la transizione è destinata ad impattare maggiormente. Un ulteriore esempio è quello dello stop al motore endotermico dal 2035, criticato da alcuni Paesi per le modalità di applicazione troppo rapide: la preoccupazione, infatti, è che le aziende abbiano poco tempo per riconvertirsi.
Queste vicende rappresentano il doppio volto della transizione ecologica. Da una parte, la negoziazione per rivedere misure ed obiettivi sarà una costante da qui ai prossimi anni, per conciliare obiettivi ambientali con quelli sociali, economici e di coesione territoriale.
Dall’altra parte, però, la strada per una maggiore sostenibilità è segnata e non si tornerà indietro. Questo apre opportunità nuove per gli investitori, perché per poter cambiare il modello di sviluppo non basteranno le risorse pubbliche, ma serviranno canali di finanziamento anche dal privato. Questo apre nuovi scenari per gli investitori retail, che, tramite soluzioni focalizzate sull’energia pulita possono contribuire alla transizione e cogliere le opportunità emergenti, diversificando il proprio portafoglio in ottica anche della sostenibilità.
1. “Energy performance of buildings: climate neutrality by 2050”, Parlamento Europeo, 9 febbraio 2022
2. “Fit for 55”, Consilium