Il 2022 è stato un anno molto complesso, probabilmente tra i più difficili affrontati dai mercati finanziari, che hanno registrato andamenti altalenanti ed un’elevata volatilità.
La guerra in Ucraina si è innestata su un contesto internazionale già molto provato dalla pandemia di COVID, con conseguenze sull’aumento dei prezzi dell’energia che si sono abbattuti su aziende e famiglie e che hanno portato all’incremento dell’inflazione in Europa.
In questo scenario incombe anche l’emergenza climatica, a fronte della quale è stata avviata la complessa transizione ecologica, che richiede investimenti pubblico-privati significativi.
Archiviato (o quasi) il 2022, gli occhi sono ora puntati sul 2023: che anno sarà? Cosa possiamo aspettarci sul fronte dei mercati finanziari? Come gestire gli investimenti?
Verso il 2023: l’incognita inflazione
Uno degli aspetti che ha caratterizzato il 2022 e che ha rappresentato una svolta rispetto al passato è stato l’aumento dell’inflazione, arrivata a valori record in Europa. Dal punto di vista finanziario, è stato probabilmente l’evento di principale rilievo, atteso da tempo, che ha portato gli investitori anche a rivedere la costruzione dei loro portafogli.
Nel Vecchio Continente, l’aumento è determinato soprattutto dalle dinamiche sul lato dell’offerta, in particolare dall’andamento dei prezzi dell’energia, mentre negli Stati Uniti l’inflazione è più legata all’aumento di domanda di beni e servizi disponibili in minore quantità a causa dei problemi alla catena di fornitura, che fa aumentare i prezzi.
Nei due continenti, le Banche Centrali (FED negli USA, BCE in Europa) hanno reagito allo stesso modo, seppur in tempi diversi. Hanno, cioè, rialzato i tassi di interesse per “asciugare” la grande mole di liquidità immessa negli anni precedenti per far fronte alla grande crisi internazionale del 2008 e del 2012.
Di fatto il rialzo dei tassi da parte delle Banche centrali comporta un aumento dei costi associati ai prestiti e rende più attrattivo il risparmio: se la domanda di prodotti e servizi diminuisce, allora i prezzi dovrebbero aumentare meno rapidamente, rimanere invariati o addirittura diminuire, riuscendo a tenere sotto controllo l’inflazione.
Cosa accadrà nel 2023? Risulta sempre molto difficile fare previsioni, poiché su tutte le analisi incombe sempre il rischio che si verifichi un evento imprevisto (il “cigno nero”) come è stato per COVID, che può ribaltare tutto, in senso positivo o negativo.
Tuttavia, dalle informazioni sulle politiche monetarie delle Banche centrali si può quanto meno delineare un quadro di massima. Già per il 14 dicembre, ad esempio, ci si aspetta un rallentamento dei rialzi dei tassi d’interesse da parte della FED, a fronte degli ultimi dati sull’inflazione negli USA, scesa al 7,7% dopo il picco del 9,1% a giugno, segnale che il tasso inflazionistico potrebbe rallentare la sua corsa con conseguente allentamento della stretta monetaria da parte della FED.
Le dinamiche statunitensi sono in genere precorritrici di quelle europee, per cui nei prossimi mesi si potrebbe vedere un analogo andamento per i tassi di interesse della BCE, che già a novembre aveva evidenziato che “l’inflazione inizierà a rallentare nella prima metà dell’anno prossimo e che forse siamo molto vicino al picco”1.
Resta un punto, però, che potrebbe portare a rivedere tutte le previsioni. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, c’è una quota di inflazione in Europa che, in realtà, non si riesce a spiegare sulla base dei criteri tradizionali2.

Per questo, l’inflazione nel 2023 resta un’incognita, per lo meno per l’Europa e rende impossibile definire con certezza quali saranno gli effetti delle politiche monetarie.
Rischi geopolitici: cosa accadrà nel 2023?
Le tensioni internazionali sono l’altra grande incognita dell’anno in arrivo. Su tutto, domina certamente la guerra in Ucraina, perché dai suoi sviluppi si attende anche una nuova definizione delle relazioni geopolitiche globali.
In un mondo globalizzato ed interconnesso, anche gli sviluppi delle tensioni tra Cina e Taiwan potrebbero avere impatti sull’economia europea, così come le possibili catastrofi legate ai cambiamenti climatici, che potrebbero abbattersi a qualunque latitudine generando reazioni a catena che diventano globali.
Anche i fattori interni ai singoli Paesi avranno un loro peso. L’aumento del costo della vita ed il deterioramento del mercato del lavoro avranno come conseguenza l’inasprimento delle diseguaglianze sociali, che richiederanno una gestione particolarmente attenta da parte dei Governi, per evitare fenomeni di destabilizzazione dei Paesi.
L’insieme di queste variabili dice che, nonostante qualche spiraglio, il 2023 sarà ancora un anno complesso, con rischi economici, geopolitici e finanziari. D’altro canto, come ormai è noto, le crisi portano con sé anche delle opportunità. Emblematico è il caso della transizione ecologica, incentivata proprio dalla guerra in Ucraina, che ha consolidato la necessità di affrancarsi dalle fonti fossili per produrre energia.
Per questo, riuscire a gestire l’incertezza, diventata ormai cifra dominante del nuovo millennio, può essere la chiave per affrontare il nuovo anno sul fronte degli investimenti.