Un continente sempre più anziano: secondo le proiezioni, la percentuale delle persone sopra gli 80 anni nell’UE-27 sarà 2,5 volte superiore nel 2100 rispetto al 2019, passando dal 5,8% della popolazione attuale al 14,6%.
L’aumento dell’aspettativa di vita si deve ad una molteplicità di fattori: dai progressi della medicina alle misure di prevenzione di sanità pubblica, come gli screening, fino alla maggiore cultura del benessere che porta le persone a praticare più attività fisica nel corso della vita, riducendo i fattori di rischio per molte patologie.
La longevità è certamente un’ottima notizia, che implica però grandi cambiamenti sia a livello “micro”, per le famiglie, che a livello “macro”, per gli Stati che devono gestire una crescente domanda di servizi per la terza età.
I numeri: sempre più anziani nell’UE-27
Gli ultimi dati disponibili di Eurostat1 dicono che al 1° gennaio 2019, su 446,8 milioni di persone residenti nell’UE-27, la fascia 0-14 anni costituiva il 15,2% della popolazione, le persone considerate in età lavorativa (15-64 anni) erano il 64,6%, mentre gli over 65 si attestavano al 20,3% (+2,9 punti percentuali rispetto a 10 anni prima).
Ovviamente il dato medio nasconde profonde diversità tra i diversi Stati membri. I Paesi con più giovani tra 0 e 14 anni sono Irlanda (20,5%), Francia (18%) e Svezia (17,8%), mentre quelli dove questa fascia d’età è meno numerosa sono Italia (13,2%), Germania (13,6%), Malta e Portogallo (13,7%).
Al contrario, Italia e Grecia sono gli Stati col numero maggiore di over-65 (22,8% e 22% rispettivamente), mentre Irlanda e Lussemburgo sono quelli con le percentuali inferiori (14,1% e 14,4%).
Al di là delle differenze tra i vari Paesi, nel complesso il trend è molto chiaro: il 20,3% (1 su 5) della popolazione dell’UE-27 è composto da persone di età pari o superiore ai 65 anni.
L’invecchiamento della popolazione è una tendenza a lungo termine, in atto già da alcuni decenni in tutta Europa. Per capire la portata della sfida che sta impegnando gli Stati, bisogna leggere questo fenomeno in parallelo con la denatalità e, dunque, la riduzione progressiva di persone in età lavorativa rispetto alla popolazione totale.
Questo aspetto è particolarmente rilevante perché la spesa pubblica per assistenza e pensioni è sostenuta, in generale, dalla fiscalità e dai contributi versati dai lavoratori: se le entrate diminuiscono per effetto del calo demografico, e la spesa per gli over 65 aumenta, l’equilibrio rischia di saltare.
Le prospettive demografiche, in questo senso, non sono rassicuranti. Secondo le proiezioni di Eurostat, nel 2100, dei 416,1 milioni di abitanti dell’UE-27, il 31,3% sarà over 65, rispetto al 20,2% del 2019; gli over 80 saranno il 15%, 3 volte tanto il numero attuale. Il calo dei giovani farà aumentare l’indice di dipendenza degli anziani, ovvero il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100: si passerà infatti dal 31,4% del 2019 al 57,1% del 2100.
Come gestire una società in profonda trasformazione
Per gli Stati, il crescente invecchiamento della popolazione è la grande incognita del futuro, che richiede un cambio di passo nella gestione del welfare pubblico.
Nella grande macro-categoria degli anziani, infatti, vanno distinte due fasce: gli over-65 in età della pensione ma ancora autosufficienti e i grandi anziani (over-80).
I primi sono caratterizzati in generale da uno stato di salute ancora ottimale e da un elevato grado di attività.
Visto il calo dei giovani in età da lavoro e l’aumento di pensioni da coprire, non è escluso che gli Stati possano cercare di incentivare queste persone a rimanere nel mondo del lavoro più a lungo, premiando chi ritarda la pensione, per poter mantenere in equilibrio i conti pubblici.
Il sistema di calcolo della pensione con il metodo contributivo, ampiamente diffuso negli Stati europei, va già in questa direzione: poiché l’assegno finale dipende dai contributi versati, più si lavora (e dunque si pagano contributi) più elevato sarà l’importo della pensione. Non si può escludere che, a fronte dello scenario demografico a cui si va incontro, questo meccanismo possa essere ulteriormente incentivato nei prossimi decenni.
L’altro grande tema è quello della sanità. Innanzitutto, si dovrà passare da un modello in cui l’ospedale è il cuore delle prestazioni mediche ad uno in cui la maggior parte del fabbisogno di cura sarà rappresentato da malattie croniche tipiche dell’età anziana, piuttosto che acute.
Per questo, è necessario che la risposta tecnico-organizzativa del sistema sociale e sanitario si adegui, evitando l’ospedalizzazione e prediligendo interventi sul territorio, mirati alla prevenzione, alla riabilitazione, alle facilitazioni ambientali, al sostegno economico, sociale e motivazionale dell’anziano e della sua famiglia, nel contesto di vita.
C’è poi tutto il capitolo della non-autosufficienza, che interessa soprattutto i grandi anziani, soprattutto over-80. Tra i vari Stati europei, ci sono forti differenze sull’assistenza di queste persone, che è più informale, ovvero basata sui legami familiari, soprattutto nei Paesi dell’Europa mediterranea: in Italia, ad esempio, il 38% dei figli over-50 vive a meno di un chilometro dall’abitazione materna, contro una media europea del 24%2.
Tuttavia, questa forbice è destinata a ridursi, perché l’evoluzione della società sta portando ovunque a spostare l’assistenza degli anziani dalla famiglia a strutture ad hoc, che dovranno essere implementate.
In alcuni Paesi, il settore dell’assistenza agli anziani non autosufficienti è stato già oggetto di profonde riforme nazionali, come avvenuto in Germania (1994), in Francia (2002), in Portogallo e Spagna (2006) o in Austria (2011). Fil rouge delle riforme è l’enfasi posta sul ruolo dei servizi domiciliari, sul miglioramento e semplificazione dell’accessibilità alla rete di assistenza e sull’attenzione posta alla sostenibilità finanziaria del sistema nel suo complesso. Probabilmente, però, la crescita dei numeri imporrà ulteriori revisioni.
Pianificare l’invecchiamento
La gestione della terza età è una sfida non solo per il sistema pubblico, che dovrà affrontare una crescita della spesa a fronte di minori entrate, ma anche per il singolo interessato e le famiglie.
La prospettiva di percepire pensioni molto inferiori al reddito da lavoro – col metodo di calcolo contributivo si può arrivare a percepire circa la metà dello stipendio – pone la grande incognita su come sostenere le spese durante la vecchiaia, soprattutto nel caso in cui ci si trovi in una condizione di non autosufficienza.
Inoltre, se sarà premiata la permanenza al lavoro per periodi più lunghi rispetto all’età pensionabile, il rischio è di dover scegliere, alla soglia della pensione, se uscire prima dal mondo del lavoro accettando un vitalizio più basso o restare occupati per più tempo per ottenere pensioni più alte, sacrificando però la possibilità di godere del proprio tempo libero dopo una vita di lavoro.
Sul fronte sanitario, la longevità porta con sé un incremento di costi, soprattutto in caso di non autosufficienza. Sia che ci sia una rete consolidata di strutture ad hoc o che sia la famiglia ad occuparsi dei propri cari, le spese di assistenza e cura possono essere molto ingenti e rischiano di diventare non sostenibili con la copertura della sola pensione.
Ecco, allora, che diventa fondamentale pianificare in modo efficiente la gestione del proprio patrimonio nel corso della vita, con l’obiettivo di accantonare risorse utili anche a sostenere le spese che inevitabilmente si presentano nella terza età.
Il mondo assicurativo-finanziario può essere un valido sostegno, in questo senso: dotarsi di soluzioni di Long Term Care e gestire i risparmi in ottica previdenziale sono soluzioni che consentono al singolo di costruirsi una rete di protezione per il futuro. Questo diventa un supporto anche per lo Stato, che viene sgravato da una quota di spesa, in un circolo virtuoso in cui pubblico e privato integrano i propri servizi, a beneficio del singolo e della collettività.
1. “Struttura e invecchiamento della popolazione”, Eurostat, 20 luglio 2021
2. Elenka Brenna, “Legami familiari e cura degli anziani in Europa”, welforum.it, 27 ottobre 2020