La consapevolezza delle conseguenze dei cambiamenti climatici, le opportunità offerte dalla tecnologia e la necessità di ridurre le diseguaglianze sociali acuite dopo COVID hanno spinto l’Europa, negli ultimi anni, ad implementare strategie per uno sviluppo sostenibile che stanno trasformando profondamente il sistema economico.
L’obiettivo, ad esempio, di azzerare le emissioni di carbonio entro il 2050, per frenare l’aumento delle temperature globali, ha innescato una profonda trasformazione che investe non solo i consumi, ma soprattutto il modo di produrre.
Applicare il principio dell’economia circolare, infatti, significa – ad esempio – rivedere il design dei prodotti per ridurre i rifiuti, ripensare le linee di produzione in modo da poter riutilizzare materie prime secondarie e recuperare quelle a fine ciclo. Significa anche cambiare le fonti di energia, passando dal carbonio a quelle rinnovabili.
Si tratta di un cambiamento epocale, un nuovo rinascimento dell’economia europea, che apre, però, anche nuove opportunità di crescita e, di conseguenza, nuove prospettive per gli investitori che vogliono diversificare il proprio portafoglio.
L’importanza della diversificazione: perché l’economia reale è un’opportunità
Diversificare gli investimenti significa distribuire le risorse a disposizione tra diverse categorie di attività e settori economici, per ridurre l’esposizione al rischio specifico di un’azienda o di un settore particolare.
Questo concetto è stato riassunto con efficacia da Warren Buffett, uno degli investitori di maggior successo di tutti i tempi, nella massima: “Non mettere tutte le uova in un unico cesto”. Ciò significa che quando si investe tutto il capitale in un’unica azione o settore, si espone il proprio portafoglio a un rischio significativo. Se quel particolare investimento subisce difficoltà o declina, l’intero portafoglio ne risente.
Diversificare, invece, significa allocare il capitale in modo equilibrato tra diverse categorie di attività, come azioni, obbligazioni, immobili, materie prime e altre.
Questa strategia aiuta a ridurre il rischio globale del portafoglio, poiché le variazioni negative in un’area possono essere compensate dai rendimenti positivi in altre.
L’economia reale, ovvero l’insieme delle realtà imprenditoriali che producono beni e servizi e li distribuiscono sul mercato, rappresenta una delle categorie verso cui destinare il capitale per bilanciare la volatilità dei mercati finanziari, in quanto tendenzialmente le aziende che producono prodotti e servizi concreti sono meno suscettibili a fluttuazioni improvvise.
La grande evoluzione che l’economia reale sta vivendo, per effetto delle transizioni in corso, apre anche opportunità di crescita per le imprese e, di conseguenza, per gli investitori.
Il Green Deal europeo, che punta a rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050, vuole rilanciare l’economia grazie alla tecnologia verde, creare industrie e trasporti sostenibili e ridurre l’inquinamento.
Per conseguire gli obiettivi fissati, la Commissione si è impegnata a mobilitare almeno 1000 miliardi di euro di investimenti1. Lo stesso dicasi per la digitalizzazione: sempre l’Europa ha stanziato 1,3 miliardi di euro2 col programma Europa digitale.
Non mancano le incognite: queste transizioni significano infatti che alcune realtà, strettamente legate al “vecchio” modo di produrre devono affrontare un cambiamento enorme per rimodellare il proprio sistema di business.
Tuttavia, aver posto degli obiettivi e delle risorse così importanti ha creato le condizioni per una nuova rinascita dell’economia reale, che per ora parte dall’Europa ma che è destinata ad estendersi, nel lungo periodo, anche negli altri grandi mercati internazionali, dalle Americhe all’Asia.
Perché i governi incentivano gli investimenti nell’economia reale: il caso dei PIR
Questo percorso verso un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva apre anche nuove opportunità per gli investitori, che, attraverso strumenti legati alle imprese non quotate, possono contribuire alla loro crescita.
In alcuni Paesi europei, i Governi da tempo sono in prima linea per incoraggiare l’investimento nell’economia reale, attraverso la leva dei benefici fiscali. In Italia è il caso dei PIR, Piani Individuali di Risparmio, istituiti nel solco di strumenti analoghi presenti anche in altri Paesi: in Francia dei PEA, in Inghilterra gli Individual saving account.
Al di là delle differenze delle singole specificità, alla base c’è la volontà di far incontrare il risparmio privato, tenuto spesso sotto forma di liquidità (con scarso rendimento ed esposta all’erosione dell’inflazione) con le imprese, soprattutto Piccole e Medie, che normalmente non accedono ai mercati finanziari e quindi non possono avere capitali utili per finanziare innovazione, ricerca, ed, in ultima istanza, crescita.
Per questo in linea di massima questi piani offrono vantaggi fiscali significativi. I PIR, ad esempio, contemplano l’esenzione da tasse sulle plusvalenze e sui dividendi, a condizione che gli investimenti siano mantenuti per almeno cinque anni. Un requisito, questo, che è utile sia all’investitore, per ottenere i benefici del medio e lungo periodo, sia al destinatario dell’investimento, in quanto si tratta di un periodo sufficiente ad avviare e sviluppare un progetto di crescita dell’azienda, consolidando i risultati.
Oltre ai benefici fiscali, questi strumenti permettono di accedere alle opportunità che arrivano dall’economia reale, anche su impulso delle transizioni in corso. COVID ha dimostrato, ad esempio, che le imprese più sostenibili e più innovative sono anche quelle più resistenti alle crisi: investire in PMI o aziende che hanno in corso processi di digitalizzazione e che sono impegnate nella sostenibilità significa poter contare su asset tendenzialmente stabili.
In questo quadro, diversificare il proprio portafoglio investendo in economia reale è una strategia da valutare, in base al proprio profilo di rischio e col supporto di un consulente, per cogliere opportunità emergenti e bilanciare la volatilità.
1. “I finanziamenti e il Green Deal”, Commissione Europea
2. “1.3 miliardi di EUR dal programma Europa digitale per la transizione digitale e la cibersicurezza dell’Europa”, Commissione Europea, 24 marzo 2023