La storia dell’umanità è stata contraddistinta periodicamente da epidemie, frutto della contaminazione da parte di nemici invisibili, i virus, che circolando attraverso rotte commerciali e i normali contatti tra persone nella quotidianità, hanno portato a scrivere pagine terribili per interi popoli.
L’epidemia di COVID è stata l’ultima in ordine di tempo, ma andando a ritroso nel tempo se ne trovano di altrettanto terribili. Pensiamo, ad esempio, alla “spagnola”, che fece milioni di morti sviluppandosi per due anni, o alla peste nera del Medioevo.
I progressi della medicina e la maggiore attenzione alla prevenzione, a partire dalle pratiche igieniche e da condizioni di vita più salubri, hanno portato a ridurre la frequenza di epidemia o pandemie, ma non ad annullarle, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità già ne prevede di nuove.
Il senso di maggiore vulnerabilità aumenta la domanda di protezione da parte delle persone. Non a caso, dopo COVID, c’è stato un exploit di richieste di polizze vita. Come si pone il mondo assicurativo rispetto a patologie ad alta frequenza?
Salute, epidemie e tutela assicurativa
Il mondo assicurativo si occupa, per sua natura, di tutelare da rischi emergenti che possono causare dei danni alle persone.
La salute rientra in questo ambito, tanto che esistono soluzioni assicurative ad hoc per aiutare chi è colpito da infortuni o malattie a sostenere le cure ed integrare il reddito nel caso di impossibilità a lavorare, in modo complementare a quanto offerto dal sistema sanitario pubblico.
Anche in caso di epidemie, quando la richiesta di copertura assicurativa aumenta, il mondo assicurativo cerca di dare una risposta alla domanda, cercando però di salvaguardare l’equilibrio tra i premi e la copertura delle garanzie qualora l’evento assicurato si verificasse.
Per mantenere tale equilibrio, infatti, è necessario che ci siano le condizioni di assicurabilità del rischio.
Questo significa che il danno, per quanto significativo, deve essere definito, che l’evento che ha provocato il danno deve essere casuale e non influenzato dalla volontà dell’assicurato, e che la probabilità del sinistro sia prevedibile.
In caso di epidemie, quest’ultimo aspetto, ovvero la probabilità del sinistro viene meno, perché la diffusione del virus non segue più un andamento fisiologico.
Con COVID, ad esempio, è emersa la discussione sulla possibilità di prevedere un’assicurazione sulla vita per il rischio pandemico. Il tema è ancora oggetto di discussione, anche se le prime analisi a livello mondiale sembrano portare, per ora, a considerare questa ipotesi non realistica.
La portata di un evento come COVID, ad esempio, porterebbe a rendere imprevedibile la probabilità del sinistro, facendo venir meno una delle condizioni di assicurabilità. Inoltre, in assenza di possibilità di cura, il mondo assicurativo potrebbe non essere in grado di far fronte all’eventuale richiesta globale di indennizzo.
La situazione è totalmente diversa, invece, se esiste una cura che permette di ridurre il rischio di mortalità, come accaduto per un’altra epidemia, ovvero quella legata all’HIV.
L’impatto dei progressi medici sull’assicurabilità: il caso HIV
Negli anni ‘80 il mondo ha visto la diffusione del virus dell’HIV, virus che può portare a sviluppare l’AIDS, sindrome che può manifestarsi anche dopo diversi anni dall’infezione e che comporta l’annullamento del sistema immunitario, facendo perdere all’organismo la capacità di combattere anche le infezioni più banali. Da quando è iniziata, nel 1982, si calcola che l’AIDS abbia provocato 35 milioni di morti nel mondo.
La migliore conoscenza dei fattori di trasmissibilità ha portato negli anni ad abbattere il numero di nuove diagnosi: dal picco di 3,2 milioni di nuove infezioni del 1996, si è arrivati nel 2021 a 1,5 milioni.
L’altra grande vittoria è stata la capacità della ricerca medico-scientifica di studiare delle terapie antiretrovirali in grado di bloccare il virus nelle persone positive, per evitare lo sviluppo dell’AIDS. Alla fine di dicembre 2021, 28,7 milioni di persone con l’HIV hanno avuto accesso alle terapie antiretrovirali, che rappresenta il 75% del totale, mentre l’81% delle donne in gravidanza ha avuto accesso alle terapie antiretrovirali per prevenire la trasmissione del virus al nascituro.
Non solo: negli ultimi anni si sono registrati casi di guarigione dal virus1.
I progressi nella cura hanno un impatto concreto anche sulla possibilità di assicurare la vita delle persone con HIV, in quanto, rendendo la probabilità del rischio prevedibile, si realizzano le condizioni di assicurabilità necessarie per garantire una copertura concreta e sostenibile, aprendo la strada alle prime soluzioni assicurative dedicate specificatamente a chi ha una positività all’HIV.
1. Ty Roush, “5th Man Cured Of HIV After Stem Cell Transplant”, Forbes, 20 febbraio 2023