Sul piano finanziario, il 2022 è stato contraddistinto dal primo rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea dopo un decennio in cui, attraverso l’acquisto di titoli di Stato, i tassi erano stati mantenuti a livelli bassissimi.
A luglio1, invece, il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento, “in linea con il forte impegno ad assolvere il suo mandato di preservare la stabilità dei prezzi”. Per lo stesso motivo, a settembre è seguito un altro intervento ancora più netto (+75 punti base), dopo il quale è arrivato un rialzo di 50 punti base a dicembre. Lo stesso è avvenuto dall’altra parte dell’Oceano, dove anche la FED ha rivisto la propria politica sui tassi di interesse.
Nel nuovo anno, analisti e osservatori sono in attesa di sapere quali saranno le prossime mosse delle banche centrali europea e statunitense che, attraverso la politica monetaria, impatta sull’economia e, di conseguenza, diventa una delle variabili che gli investitori devono considerare nella pianificazione della propria asset allocation.
Politica monetaria: l’impatto sull’economia
La politica monetaria è l’insieme di scelte relative ad offerta di moneta e tasso di interesse che vengono effettuate in genere dalla banca centrale di uno Stato, per raggiungere obiettivi di politica economica.
In Europa, con l’unione economica e monetaria, gli Stati Membri hanno di fatto demandato questo compito ad un’unica istituzione, la Banca Centrale Europea che, come chiaramente dichiarato2, ha come compito principale quello di mantenere stabili i prezzi, a favore della crescita economica e l’occupazione.
Come spiegato dalla stessa BCE, infatti, il suo obiettivo è esclusivamente di “preservare la stabilità dei prezzi facendo in modo che l’inflazione resti bassa, stabile e prevedibile”. La mission è quella di conseguire un tasso di inflazione del 2% a medio termine. “Perseguiamo questo obiettivo in modo simmetrico: per noi un’inflazione troppo bassa è altrettanto negativa di un’inflazione troppo alta”, spiega la massima autorità di vigilanza bancaria europea.
Quando il quadro economico è in una situazione di recessione o crisi, come è avvenuto dopo il 2008-2009 e dopo il 2012, in genere la risposta delle banche centrali consiste nell’adottare una politica monetaria espansiva. Attraverso la riduzione dei tassi di riferimento, l’acquisto di titoli, i piani di prestiti agevolati, le operazioni in mercato aperto, le banche centrali contribuiscono a mantenere bassi i tassi dei titoli di Stato e incentivano la liquidità che favorisce i consumi e gli investimenti delle imprese.
Al contrario, quando l’inflazione è eccessiva o prolungata, come sta avvenendo dal 2022, si registra un incremento dei prezzi tanto elevato da erodere il potere d’acquisto di famiglie e imprese. A questo punto, le banche centrali intervengono per frenare la corsa dei prezzi, con una politica monetaria restrittiva, che, attraverso la riduzione dell’acquisto diretto dei titoli e l’aumento dei tassi d’interesse, riduca la quantità di moneta in circolazione.
L’equilibrio è la parola chiave: una politica monetaria troppo espansiva può, infatti, portare al rialzo eccessivo dell’inflazione nel medio termine, mentre una troppo restrittiva può innescare una spirale negativa sul fronte della crescita economica, frenandola.
Perché le decisioni delle banche centrali condizionano anche gli investimenti
Di fatto, la politica monetaria ha un ruolo importante nell’andamento del sistema economico, dell’accesso al credito di famiglie e imprese, degli scambi commerciali e, direttamente e indirettamente, anche dei mercati finanziari.
Le politiche sui tassi d’interesse influenzano il costo del denaro, e quindi anche il costo del debito, pubblico e privato. Sul piano finanziario, questo ha un impatto, ad esempio, sui rendimenti dei Titoli di Stato e, quindi, nella scelta su obbligazionario e azionario al momento dell’asset allocation.
Le politiche delle banche centrali condizionano anche i rapporti di cambio delle valute nei mercati internazionali, perché tassi di interesse più elevati attraggono capitali stranieri in quanto offrono rendimenti più alti rispetto ad altri Paesi, portando la valuta di riferimento a salire. Questo aspetto, quindi, va valutato nell’ottica di una diversificazione geografica e valutaria del proprio portafoglio d’investimento.
Altro aspetto fondamentale è la capacità delle politiche monetarie di mantenere la stabilità economica. Come spiegato dalla stessa Banca Centrale3, “il sistema finanziario beneficia della stabilità dei prezzi: per i cittadini e le imprese è più semplice pianificare e investire sapendo che i prezzi non cambieranno di molto nel tempo”.
Emblematico il caso della crisi finanziaria del 2008, che, causando l’interruzione del flusso di denaro nell’economia e l’instabilità dei mercati finanziari, ha portato ad un sistema instabile, in cui cittadini e imprese faticavano ad accedere ai finanziamenti e, di conseguenza, a far ripartire l’economia reale. Per questo, la BCE in Europa e la FED negli Stati Uniti hanno adottato una politica espansiva, per contribuire a mantenere stabili i prezzi, aiutando l’economia e il sistema finanziario a ripartire.
Ora le condizioni internazionali sono diverse da quelle del 2008 ma non meno complesse. In uno scenario che ancora risente dei riflessi di COVID, dell’aumento dei costi dell’energia, dell’instabilità geopolitica, il mercato finanziario guarda con attenzione alle politiche di BCE e FED per capire se e quanto riusciranno ad intervenire per creare condizioni di stabilità.
Secondo le previsioni4, per il 2023 la BCE dovrebbe continuare a prevedere un ulteriore aumento dei tassi, seppur ridotto rispetto al 2022, mentre solo nel 2024 si potrebbe verificare una riduzione, qualora le misure adottate in questo biennio avranno sprigionato per intero i loro effetti e l’inflazione si sarà abbassata verso il 2%.
Basterà questo a mantenere la stabilità dei mercati, considerando che le variabili che incidono sulla stabilità del sistema sono molteplici?
Di certo, l’aumento dei tassi, seppur più contenuto, indica che le massime autorità bancarie si aspettano ancora per il 2023 un aumento dell’inflazione, a fronte del quale soluzioni focalizzate su asset quali l’oro, bene rifugio per eccellenza, possono consentire una diversificazione del portafoglio coerente con i propri obiettivi di conservazione e valorizzazione del capitale.
1. “Decisioni di politica monetaria”, Banca Centrale Europea, 21 luglio 2022
2. “Politica monetaria”, Banca Centrale Europea
3. “Politica monetaria, stabilità finanziaria e riesame della strategia”, Banca Centrale Europea
4. Jana Randow e Alexander Weber, “ECB Debate Looks to March With This Week’s Hike Assured”, Bloomberg, 30 gennaio 2023