Il punto di partenza è la montagna di liquidità che le famiglie italiane hanno accumulato nel corso dei mesi della pandemia, frutto di un drastico calo dei consumi e della tendenza ad accantonare risorse a fronte delle incertezze sull’evolversi della situazione economica e sanitaria nazionale.
Nella quarta edizione dell’Indagine straordinaria sulle famiglie italiane (ISF) condotta dalla Banca Centrale tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo del 2021, circa il 40% degli intervistati ha dichiarato di aver accumulato risparmi nel 2020 e, di questi, un terzo ha detto di averlo fatto in misura maggiore rispetto all’anno precedente.
Con il rallentamento dell’emergenza sanitaria e con la ripresa dell’economia legata anche ai massicci investimenti nazionali ed europei, è probabile che l’approccio prudenziale venga progressivamente superato a favore di scelte di gestione dei patrimoni più dinamiche, anche per effetto dell’incremento dell’inflazione che dovrebbe scoraggiare la liquidità.
Il ritorno agli investimenti potrebbe però seguire logiche diverse dal pre-Covid, visto che proprio l’emergenza sanitaria ha innescato trend nuovi.
Obiettivo crescita con un approccio prudente
Nel breve e medio termine, ci si aspetta che permanga un approccio prudente agli investimenti, visto che l’emergere di nuove varianti del virus non consente di fare previsioni certe e a lungo termine sulla fine dell’emergenza sanitaria. Soprattutto tra i più giovani, che hanno vissuto i maggiori contraccolpi dell’epidemia sull’economia e sul mercato del lavoro, potrebbe esserci una maggiore cautela.
In effetti, questo sentiment è confermato da diverse ricerche. Quella realizzata da Ipsos per AIPB e Capital Group1 evidenzia che tra la clientela private il 39% vede negli investimenti uno strumento per preservare il patrimonio, mentre il 35% li considera un mezzo per mantenere l’attuale tenore di vita. Anche dai risultati dell’indagine di Eumetra2 su un campione di 803 investitori e 301 consulenti, emerge che l’84% degli intervistati vuole accrescere il proprio patrimonio nei prossimi 2-3 anni, ma “in modo prudente e non orientato al rischio eccessivo”.
La principale ragione alla base della scelta di investire sarà soprattutto la tutela della famiglia. Secondo l’analisi della Banca d’Italia, già nell’anno di Covid in cui ha prevalso un approccio prudenziale e gli italiani hanno deciso di non mantenere in forma liquida i propri risparmi e diversificare il rischio di portafoglio, hanno premiato strumenti come le polizze assicurative, che, nel totale delle attività finanziarie, hanno registrato una crescita. Questa propensione resterà probabilmente anche nel post-Covid, perché risponde alla necessità di coniugare la crescita del patrimonio con la protezione dei propri cari da possibili imprevisti o nuove situazioni di crisi.
Lo conferma anche la ricerca di Ipsos sulla clientela private: l’86% indica come priorità d’investimento la tutela della famiglia (salute, vecchiaia, educazione dei figli) e l’82% vuole risparmiare per le situazioni di emergenza.
In questo contesto, la diversificazione sarà la parola chiave per fornire una risposta agli investitori che cercano opportunità di crescita ma che vogliono mettere al riparo il proprio patrimonio da volatilità ed incertezze che, dal mondo sanitario, possono riverberarsi sull’economia e sulla finanza.
Investitori sempre più engaged
Qualunque siano le motivazioni degli investimenti, difficilmente prescinderanno da un approccio che guarda alla sostenibilità. L’emergenza sanitaria ha, infatti, evidenziato come il benessere del singolo sia strettamente collegato a quello dell’ambiente e della società in cui è inserito e che crisi come quella pandemica trovano terreno fertile nelle criticità ambientali e diseguaglianze sociali. Questo è destinato ad incrementare l’interesse verso investimenti che diano un contributo alla sostenibilità, in linea con i criteri ESG.
L’attenzione all’impatto degli investimenti è trasversale a tutti i profili di investitori. Il Global Wealth Report 2021 di Ernst & Young3 evidenzia che addirittura il 92% del campione italiano cerca opzioni d’investimento sostenibile, un dato ben al di sopra della media europea, che si attesta sull’80%. Anche l’indagine di Eumetra sottolinea la necessità di motivazioni sufficientemente credibili per investire. Secondo gli investitori del campione intervistato non esiste una sola ricetta o motivazione d’investimento comune, ma tutti esprimono la volontà di dare un senso all’investimento e alla sua utilità sociale ed economica.
Anche tra la clientela private, se l’attenzione alla rischiosità resta al primo posto, è altrettanto vero che questa è in calo rispetto a quanto rilevato nel 2019, mentre cresce l’interesse a investire per lo sviluppo dell’Italia e, più in generale, su giovani e welfare.
Già per il 2020 la relazione della Banca d’Italia evidenzia, del resto, come il 17% delle quote di fondi comuni italiani ed esteri detenute dalle famiglie fosse costituito da fondi ESG, in crescita rispetto al passato. In aumento anche l’interesse verso i PIR, Piani Individuali di Risparmio che investono nell’economia reale, offrendo importanti benefici fiscali: nel 2020, proprio le famiglie detenevano circa il 90% delle quote dei fondi comuni conformi alla normativa sui PIR, per un valore di 14,5 miliardi, con riscatti contenuti nonostante la crisi innescata dall’emergenza sanitaria.
Di fronte ad investitori “engaged”, nei mesi e negli anni a venire è molto probabile che si registrerà una costante attenzione verso fondi che rispettano i criteri ESG e strumenti come i PIR, che consentono di dare un proprio contributo alla crescita del Paese e di beneficiare delle opportunità dell’andamento positivo dell’economia reale.