L’esperienza dell’emergenza COVID ha creato una cornice antropologica nuova dentro la quale si muovono milioni di vite. In poco tempo, infatti, ci si è trovati a fronteggiare una pandemia e misure restrittive rigide come il lockdown che hanno cambiato rapidamente e radicalmente le abitudini. Dopo due anni, di fatto, ci si è abituati a convivere con l’incertezza.
Questo ha inevitabilmente impatti sia sul fronte sociale (macro) che sulla vita delle singole persone (micro), che si trovano a dover costruire o portare avanti il proprio progetto di vita (la famiglia, un’attività lavorativa, l’acquisto di una casa, la realizzazione di un obiettivo coltivato per anni) sapendo di dover gestire una componente di rischio, indipendente dalla propria volontà, che potrebbe in qualunque momento “cambiare le carte in tavola”.
Secondo l’ultima Indagine sulle scelte di risparmio degli italiani condotto dal Centro studi “Luigi Einaudi”1, uno dei più autorevoli per queste tematiche, la percezione della vulnerabilità ha subito un’impennata tra il 2020, condotta in epoca pre-Covid, e il 2021, realizzata in piena pandemia.
Nel 2020, i giudizi «molto preoccupato» e «preoccupato» erano in media poco più della metà, il 52,1%. Nel 2021, invece, hanno superato il 58%, 6 punti percentuali in più che danno la misura di quanto la pandemia abbia generato preoccupazione.
Appare significativo, per altro, che sia la fascia d’età 35-64 anni, che va dal pieno della vita lavorativa fino alle soglie della pensione, a sentirsi più vulnerabile, con un 62,7% di preoccupati e molto preoccupati. I più anziani e coloro che hanno redditi più alti sono più sereni, rispettivamente, 48% e 44,6%.
Ma quali sono le principali paure degli italiani?
Con la pandemia crescono i timori per lavoro e salute
Confrontando l’indagine 2020 con quella del 2021 emerge che sono soprattutto due le aree di rischio in cui gli italiani si sentono più vulnerabili dopo COVID.
Il lavoro, innanzitutto. Il rischio che la propria attività possa subire i contraccolpi delle restrizioni o, soprattutto per i lavoratori autonomi, che si possa addirittura interrompere la continuità d’impresa, è ciò ciò che preoccupa maggiormente gli italiani.
In quest’ambito si registrano infatti i maggiori incrementi di ansietà tra il 2020 e il 2021: la riduzione temporanea del reddito preoccupa il 53,6% degli intervistati, con un aumento di oltre 10 punti rispetto al periodo pre-pandemico. La possibilità di una riduzione prolungata vede il 63,4% preoccupato o molto preoccupato, con un aumento di ben circa 13 punti rispetto al pre-pandemia.
Altro tema è, inevitabilmente, la salute, anche se l’incremento rispetto al 2020 è più contenuto rispetto a quello visto per il rischio lavoro. Il timore di gravi malattie coinvolge tra il 4 e il 5% in più della popolazione rispetto al 2020, con percentuali che variano a seconda del tipo di evento. L’80% del campione, ad esempio, si sente esposto al pericolo di contrarre una malattia cronica invalidante, mentre una malattia cronica non invalidante preoccupa circa il 70% degli intervistati. Il 63% per cento teme una grave malattia temporanea; gli infortuni nel tempo libero sono una preoccupazione per il 62% e quelli sul lavoro per il 54%.
In entrambi i casi, la preoccupazione non è solo per l’evento in sé, ma per le conseguenze che può avere nel breve e lungo termine. Non poter più contare su un reddito per motivi di salute o perché il lavoro si è ridotto o non c’è più del tutto, significa anche dover rivedere il proprio progetto di vita. Non è un caso, ad esempio, se nel 2020 la natalità è crollata del 9,1% in Italia: la pandemia ha congelato, infatti, il desiderio di procreazione in attesa che si risolva lʼincertezza principale.
Non solo lavoro e salute: le altre paure degli italiani
Sempre secondo l’indagine del Centro Studi “Einaudi”, gli italiani si sentono esposti anche ad altri rischi, che pre-esistevano rispetto alla pandemia.
Il timore di spese impreviste è uno dei più frequenti. Il 65% degli italiani, ad esempio, teme di dover affrontare ingenti spese connesse alla manutenzione della casa o del luogo di lavoro, mentre il 61% teme di dover sostituire inaspettatamente il proprio veicolo e il 51% di incorrere in qualche richiesta di danni per responsabilità civile, a cui si è chiamati a rispondere nel caso in cui l’autore del danno a terzi sia qualcuno (un minore, un animale) o qualcosa (i danni provocati da una tubatura rotta) riconducibile alla responsabilità dell’adulto. Emerge anche una forte preoccupazione per contenziosi tributari inattesi, temuti da quasi i tre quarti del campione, e, in generale, per spese legali impreviste.
La cura di altri familiari anziani è fonte di preoccupazione per il 49,5%. Lʼavviamento al lavoro dei figli è una preoccupazione per il 35,2% degli intervistati; il 28,6% teme di non riuscire a sostenerli negli studi. Oltre la metà del campione (57%) è messo in ansia dal proprio mantenimento e cura (e/o del coniuge) nella terza e quarta età, valore che è più elevato, tra lʼaltro, fra i 35 e i 64 anni (60%) rispetto ai più anziani (49,5%).
C’è poi il grande capitolo del futuro previdenziale, che crea una percezione di vulnerabilità nel 51% delle persone, le quali temono di non poter mantenere il proprio tenore di vita durante la pensione. La percentuale è in crescita rispetto al 47,9% rilevato nel 2020, ma coerente con il 55% che ritiene di avere un reddito adeguato in vecchiaia.
Anche per queste queste aree di rischio si registra un aumento della vulnerabilità percepita rispetto al 2020, ma si tratta di incrementi in linea o inferiori rispetto ai 6 punti percentuali dellʼincremento medio: si va dallʼ1,4% in più che teme spese di responsabilità civile al 6% in più che teme quelle relative a ingenti spese di manutenzione.
Come affrontare la percezione di vulnerabilità
La percezione della vulnerabilità può essere definita come la combinazione di almeno tre fattori: la probabilità percepita del verificarsi di un evento, il suo costo e la copertura di cui si gode, sia essa offerta dal welfare pubblico o da una forma assicurativa privata.
Secondo i ricercatori del Centro Einaudi, “il fatto che chi ha un reddito elevato si senta più sereno rispetto a un certo numero di aree di rischio può dipendere certamente da una molteplicità di fattori fra i quali, probabilmente, vi è una maggiore copertura assicurativa”.
Con la pandemia è cresciuta la percezione di vulnerabilità perché è aumentata la probabilità del verificarsi di un evento temuto specificatamente nell’ambito del lavoro, messo a dura prova dalle restrizioni, e della salute, vista la diffusione del contagio. Non a caso, proprio queste sono le aree in cui si è registrata la crescita maggiore delle preoccupazioni.
Come ridurre l’impatto di queste aree di rischio? Tornando alle tre componenti principali che definiscono la percezione di vulnerabilità, di certo non si può intervenire sui costi, che dipendono da variabili esogene. Si può, invece, fare qualcosa per incrementare la protezione, più a livello individuale che pubblico, perché la modifica del welfare richiede un processo lungo e un impegno economico condizionato dai vincoli di bilancio dello Stato.
A livello individuale, invece, è possibile pianificare la gestione del proprio capitale in modo da accrescere la protezione, coerentemente col bilancio famigliare, con l’orizzonte temporale e con la propria situazione di vita. Le esigenze da proteggere possono essere diverse, infatti, a seconda che si tratti di famiglie appena formate con bambini in arrivo o coppie con figli ormai grandi, che si abbia un lavoro stabile o che si voglia avviare una nuova attività. Per ciascuna esigenza si può trovare la soluzione assicurativa appropriata.
In generale, il vantaggio di questi strumenti sta nella loro capacità di offrire il duplice vantaggio di abbinare la tutela alle opportunità di investimento, con l’obiettivo di avere una copertura nel caso di evento avverso improvviso, ma anche di maturare un capitale o una rendita da destinare a consolidare il proprio progetto di vita.
1. Giuseppe Russo, Pier Marco Ferraresi, “Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani”, Centro Einaudi