Gli investimenti sostenibili, a livello globale, hanno conosciuto una forte crescita, tanto da indurre le istituzioni, come quelle europee, a definire un corposo apparato normativo per creare una cornice di regole comuni.
Secondo il report 2021 della Global Sustainable Investment Alliance1, all’inizio del 2020 gli investimenti ESG hanno raggiunto la quota di 35,5 trilioni di dollari nei 5 principali mercati, con una crescita del 15% negli ultimi 2 anni (2018-2020), e rappresentano il 35,9% degli asset gestiti (erano il 33,4% nel 2018).
La finalità dell’investimento sostenibile non è solo quella di destinare il capitale a sostegno di una causa vicina al proprio sistema di valori, ma, come per ogni tipo di investimento, è pur sempre quella di ottenere una remunerazione.
A lungo gli investimenti sostenibili sono stati, invece, “vittima” del pregiudizio secondo cui da questo tipo di asset non ci si potesse aspettare rendimenti elevati. In realtà, come tutte le attività finanziarie, anche quelle sostenibili seguono le logiche e dinamiche tipiche di tutti gli investimenti, che generano un rendimento strettamente correlato al rischio.
Performance finanziarie migliori per le aziende sostenibili
Dato per assodato che, oltre all’impatto positivo su ambiente e società, chi investe in fondi sostenibili cerca comunque anche una remunerazione, la domanda che gli investitori normalmente si pongono è se l’integrazione dei principi ESG nel processo di investimento possa contribuire a migliorare i rendimenti attesi in base al rischio.
Se lo sono chiesto anche i ricercatori che hanno elaborato molteplici studi al riguardo.
Uno dei capisaldi, in questo ambito di ricerca, è la meta-analisi2 condotta nel 2015 da Gunnar Friede, Timo Busch e Alexander Bassen, dell’Università di Amburgo, che hanno analizzato circa 2.200 studi accademici realizzati tra l’inizio degli anni ’70 e il 2014, sulla relazione tra fattori ESG e performance finanziaria delle società.
Aggregando i risultati, è emerso che le aziende che operano in linea con i principi ESG generano risultati finanziari migliori. In particolare, il 90% degli studi ha rilevato una relazione non negativa tra ESG e performance finanziarie delle imprese. Ancora più importante è che la maggior parte abbia sottolineato un impatto positivo e stabile nel tempo.

Un’ulteriore ricerca3 condotta da Elroy Dimson (University of Cambridge e London Business School), Oğuzkhan Karakas (Boston University), Xi Li (Temple University), effettuato sempre nel 2015, mette al centro dell’analisi l’azionariato attivo (engagement), ovvero il processo di dialogo continuo tra azienda e società di investimento. I ricercatori hanno trovato che gli impegni ESG delle aziende generano un rendimento cumulativo del +2,3% nell’anno successivo all’ingaggio iniziale; quando l’engagement ha successo, tale percentuale sale a +7,1%, che tende poi ad appiattirsi una volta che l’obiettivo è stato raggiunto. Non sono state riscontrate reazioni di mercato a fronte di impegni di engagement che non hanno raggiunto gli obiettivi.
Alla luce di migliaia di studi, si può dire che l’impegno ESG genera performance positive per le imprese e, di conseguenza, per chi vi investe, per lo meno in tempi normali. Che succede quando il mercato finanziario subisce i contraccolpi di crisi internazionali?
Covid, banco di prova per gli investimenti sostenibili
La crisi legata a COVID è stata il primo grande banco di prova per valutare la tenuta degli investimenti ESG, anche in tempi di volatilità.
Non era scontato, eppure anche in un momento complicato come quello della pandemia, chi ha puntato sulla sostenibilità ha avuto meno “scossoni” di chi, aziende e investitori, ha mantenuto un approccio convenzionale.
A fronte del collasso del mercato azionario tra febbraio e marzo 2020 per il panico creato dalla pandemia di COVID-19, con perdite in media vicine al 30%, le società più virtuose dal punto di vista dei fattori ESG sono infatti state più resilienti e meno volatili4. Una possibile spiegazione è che nella prima ondata pandemica, gli stessi investitori si sono orientati di più sui fondi ESG, diversamente da quelli tradizionali che hanno subito pesanti riscatti netti.
Gli stessi gestori, di fronte alla necessità di liquidità per far fronte alle richieste di riscatto dei sottoscrittori, sono usciti più frequentemente dai titoli con bassi punteggi ambientali e sociali rispetto a quelli più virtuosi, contribuendo alla maggior resilienza delle società più attente alle questioni green e sociali.

Dall’analisi di Morningstar a consuntivo5, emerge che nel 2020 il 75% degli indici sostenibili ha battuto i corrispondenti tradizionali: il 91% dei panieri che considerano fattori ESG ha perso meno nelle fasi di ribasso degli ultimi cinque anni.
Il futuro degli investimenti, quindi, sarà ESG? In ambito finanziario, è noto che, quanto accaduto in passato, non può essere considerato rappresentativo di ciò che accadrà in futuro. Tuttavia, non è escluso, alla luce dell’analisi e degli studi condotto negli ultimi decenni, che le imprese attente a fattori ESG, riconosciuti a livello globale, sviluppino dinamiche interne che consentono di essere più resilienti e di avere il supporto del mercato anche nei momenti di crisi.
Diversificare il proprio portafoglio, inserendo soluzioni sostenibili, può rivelarsi, dunque, una strategia efficiente, anche alla luce delle opportunità che stanno emergendo con la transizione energetica, ecologica e digitale intrapresa a livello europeo.
1. “Global Sustainable Investment Review 2020”, GSIA
2. Gunnar Friede, Timo Busch & Alexander Bassen, “ESG and financial performance: aggregated evidence from more than 2000 empirical studies”, Taylor & Francis Online, 15 dicembre 2015
3. Elroy Dimson, Oğuzkhan Karakas & Xi Li, “Active Ownership”, SSRN, 19 marzo 2016
4. Sara Silano, “Perché i titoli ESG hanno resistito al Covid-19”, Morningstar, 9 settembre 2021
5. Sara Silano, “Gli indici sostenibili passano il test del 2020”, Morningstar, 14 aprile 2021