Contratti precari e redditi che variano nel tempo sono fattori che incidono sulla scelta di costruire un portafoglio di investimento con un orizzonte di lungo periodo.
Per definire un proprio piano di investimenti, infatti, è importante sapere quante risorse si hanno e si avranno a disposizione, in che misura dovranno essere destinate alle spese correnti, quante agli imprevisti e quanto, invece, può essere investito per incrementare il patrimonio.
In un contesto occupazionale sempre più caratterizzato da instabilità, tuttavia, è difficile riuscire ad avere delle certezze, soprattutto per il futuro. Anche se nel presente si ha un reddito fisso, infatti, non è detto che questa condizione durerà fino alla fine della carriera lavorativa, per dinamiche che non dipendono dalla volontà del singolo ma da un mercato del lavoro in costante evoluzione.
Può capitare, dunque, che nel corso del processo decisionale di investimento, sorgano timori sulla capacità di sostenere l’investimento nel medio e lungo periodo, e quindi sull’opportunità stessa di investire.
Si può investire anche se si ha un lavoro (ed un reddito) precario?
Il dubbio è legittimo e, come sempre quando si parla di investimenti, ogni situazione deve essere valutata per le sue specificità, ovvero in base ad obiettivo, esigenze, profilo di rischio dell’investitore.
Tuttavia, si può ragionevolmente dire che la condizione lavorativa non è, in generale, un ostacolo rispetto all’investimento, soprattutto individuando soluzioni che garantiscono una certa flessibilità nella scelta e nella frequenza dei versamenti.
Caso emblematico è quello dei premi delle polizze vita ramo III, che rappresentano una soluzione che unisce tutela e investimento, garantendo la possibilità di scegliere tra premi ricorrenti e premi unici, in base alle singole necessità.
Il premio unico prevede il versamento in un’unica soluzione, a cui eventualmente si possono aggiungere ulteriori versamenti, coerentemente con l’evolversi della situazione patrimoniale del contraente. Il premio ricorrente, invece, prevede versamenti periodici che possono essere mensili, trimestrali, semestrali, annuali, sempre con la possibilità di prevedere premi aggiuntivi.
Gli importi sono calcolati in base a criteri quali l’età, lo stile di vita, le condizioni fisiche dell’assicurato, il capitale che si intende assicurare, la durata del contratto. La possibilità di scegliere tra le due formule, però, facilita l’accessibilità all’investimento.
Il premio unico può essere la soluzione ideale per chi ha un capitale frutto di un’eredità, di una vendita, di una liquidazione o comunque di risparmi accantonati nel tempo che non si vogliono immobilizzare sul conto corrente.
Il premio ricorrente permette, invece, di accedere ad opportunità di investimento anche con piccoli importi, versati periodicamente, senza incidere troppo sul bilancio famigliare o, comunque, senza impegnare parte del patrimonio.
In ogni caso, la selezione di frequenza ed importi dei versamenti rende sostenibile l’investimento anche per chi non dispone di redditi fissi.
L’importanza della pianificazione
Le scelte di investimento non dovrebbero essere estemporanee, ma dovrebbero rientrare in una più ampia pianificazione patrimoniale di lungo periodo che preveda non solo la costruzione di un portafoglio di investimenti, ma anche strumenti di tutela assicurativa che garantiscono coperture per affrontare i rischi che possono intercorrere nel corso della vita.
La possibilità di restare senza un reddito stabile per periodi più o meno prolungati è, in effetti, un’eventualità che può verificarsi nella realtà: una malattia, un infortunio, semplicemente problematiche della realtà lavorativa possono ridurre o annullare del tutto la capacità di produrre reddito con il proprio lavoro.
Il sistema pubblico in genere garantisce delle coperture, nella forma degli ammortizzatori sociali, delle pensioni di invalidità in caso di malattia o infortunio, che sono però una percentuale del reddito da lavoro. Ad integrazione dei supporti pubblici, esistono forme di copertura assicurativa ad hoc per i periodi in cui la capacità lavorativa viene meno.
La combinazione tra tutele pubbliche e private dovrebbe consentire di dare continuità alla situazione reddituale, riducendo il rischio di “buchi” e minimizzando l’impatto della precarietà lavorativa.
A monte, però, ci dovrebbe essere una pianificazione di lungo periodo, che combinata con soluzioni che accompagnano l’evoluzione della propria carriera lavorativa, consente di cogliere le opportunità utili a raggiungere i propri obiettivi di investimento.