Nessuna imposta sui rendimenti ed esenzione dalle tasse di successione. Sono i principali benefici fiscali di cui godono i PIR, Piani Individuali di Risparmio, introdotti in Italia dal 2017 per favorire gli investimenti illiquidi dei risparmiatori italiani e veicolarli verso le aziende come leva di crescita dell’intero tessuto economico.
Per nessun altro strumento finanziario il legislatore ha previsto l’esenzione totale della tassazione sulle plusvalenze.
Ai rendimenti degli investimenti fatti nei PIR, infatti, non viene applicata l’imposta del 26% prevista normalmente per quelli ottenuti sul mercato finanziario. Neanche per i Titoli di Stato è stata prevista una simile esenzione, ma solo una riduzione dell’aliquota dal 26% al 12,5%.
Così, sull’eventuale rendimento di 1000 euro di un investimento non PIR si dovrebbero pagare 260 euro di imposte (125 euro se si tratta di Titoli di Stato), che invece non vengono richieste, appunto, per il Piano Individuale di Risparmio.
Allo stesso modo, i rendimenti sono esenti dalle tasse di successione, come previsto per le polizze vita.
Vantaggi fiscali dei PIR: le regole per beneficiarne
I vantaggi fiscali previsti dalla normativa per i PIR non sono automatici, ma sono legati alla conformità degli investimenti a determinati requisiti.
Innanzitutto è fondamentale che il PIR rispecchi la composizione indicata dal legislatore.
I PIR sono dei contenitori in cui possono essere inseriti diversi tipi di strumenti finanziari, come fondi comuni d’investimento, contratti assicurativi, gestioni patrimoniali, titoli. Per favorire il collegamento tra risparmio privato ed economia reale, la normativa prevede che siano rispettati criteri di ripartizione dell’investimento, in modo che la maggior parte (il 70%) sia distribuito tra strumenti emessi da aziende che hanno sede o sono operative in Italia, con il vincolo di destinarne una quota (il 5% nei PIR costituiti dal 2020) alle piccole e piccolissime imprese. Altro criterio di composizione del PIR è il vincolo di concentrazione, che prevede di destinare al massimo il 10% del capitale a strumenti finanziari di un singolo emittente, per favorire la diversificazione.
Questi criteri sono stati stabiliti appositamente per favorire l’investimento nell’economia reale, garantendo che la maggior parte del capitale sia destinato in strumenti che possono veicolare risorse alle imprese.
Oltre alla composizione del PIR, altro aspetto fondamentale per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali è il mantenimento dell’investimento nel PIR per almeno 5 anni. L’individuazione di un orizzonte temporale di medio periodo necessario per ottenere l’esenzione dalle tasse sui rendimenti si può ricondurre ad almeno due ragioni.
Innanzitutto, ogni investimento ha bisogno di un po’ di tempo per consolidare dei risultati. L’incentivo a mantenere un orizzonte di 5 anni, unito alle specifiche regole di diversificazione del rischio, concorre a migliorare l’allocazione dell’investimento e ad evitare scelte irrazionali legate al sentiment di mercato.
Inoltre, la possibilità di contare su un supporto finanziario per un periodo di media durata consente alle stesse imprese beneficiarie del credito di avere un tempo sufficiente a sviluppare i propri progetti di crescita, che si rispecchiano nei rendimenti stessi a cui l’investitore può aspirare.
Mantenendo il PIR per 5 anni, si ottiene l’esenzione sul rendimento su investimenti massimi da 30.000 euro all’anno, per un totale massimo di 150.000 euro nel quinquennio. Una volta ottenuta, l’esenzione fiscale rimane valida se si decide di mantenere il PIR oltre i 5 anni.
Benefici fiscali dei PIR: saranno incrementati?
Non si può escludere che, nel breve termine, il legislatore possa intervenire nuovamente per ampliare i termini le agevolazioni previste per i PIR.
Questi strumenti sono infatti considerati tasselli fondamentali per portare avanti il rilancio e la crescita del Paese, che richiede investimenti importanti sia pubblici che privati, a partire dalla mole di risparmio privato accumulata dalle famiglie italiane nel corso dell’emergenza COVID.
La legge di Bilancio 2021 ha già introdotto una nuova “generazione” di PIR, detti alternativi, che possono beneficiare dell’esenzione sul capital gain per importi superiori ai PIR tradizionali – 300.000 euro all’anno per 5 anni – e del credito d’imposta (che non può essere superiore al 20% della somma versata) parametrato alle minusvalenze realizzate sugli investimenti qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021.
Anche per i PIR ordinari si è aperto il dibattito, in sede parlamentare, su una possibile estensione del tetto di esenzione fiscale. Un emendamento, in particolare, chiedeva di incrementare il tetto per l’esenzione sul rendimento da 30.000 a 60.000 euro all’anno. La proposta non si è poi concretizzata, ma sui PIR c’è grande attenzione e non si può escludere che il legislatore decida di incentivare ulteriormente i PIR e gli strumenti PIR-Compliant, per la loro capacità di offrire agli investitori un’alternativa all’immobilizzazione dei risparmi, creando valore anche per l’intero Paese.
1. Luisa Leone, “Pir, ipotesi di più esenzioni fiscali”, MF AIM Italia, 25 marzo 2021