Le assicurazioni sulla vita godono in Italia di alcune importanti agevolazioni sul piano fiscale ed anche civilistico, che hanno contribuito almeno in parte al crescente interesse delle famiglie italiane per questo tipo di strumenti.
I vantaggi previsti dal legislatore sono legati al duplice ruolo delle assicurazioni sulla vita, che rappresentano sia uno strumento di risparmio attraverso cui le famiglie che investono possono accumulare capitale, sia un mezzo di protezione dalle conseguenze finanziarie avverse derivanti da eventi collegati con la vita umana, come l’interruzione dei flussi di reddito dovuta alla morte prematura di un membro della famiglia o la sopravvivenza al di là delle proprie possibilità finanziarie.
In particolare, è questo secondo aspetto, legato alla protezione dal rischio demografico, che ha spinto il legislatore a prevedere alcune agevolazioni, in modo da favorire la diffusione delle polizze vita tra la popolazione italiana.
Vantaggi fiscali e civilistici delle polizze vita
Prima di entrare nel dettaglio dei vantaggi, è bene ricordare che quando si parla di polizze vita si fa riferimento ad un universo ampio che comprende sei diversi “rami”:
- ramo I: sono i contratti assicurativi sulla durata della vita umana, con prestazioni collegate alla morte, alla vita dell’assicurato o entrambe, basate sulla gestione separata, ovvero su fondi creati appositamente dalle imprese di assicurazione;
- ramo II: assicurazioni di nuzialità e natalità;
- ramo III: contratti come quelli del ramo I, le cui prestazioni sono collegate al valore di fondi esterni, interni, indici ed altri valori di riferimento;
- ramo IV: assicurazioni malattia e contro il rischio di non autosufficienza che siano garantite mediante contratti di lunga durata;
- ramo V: operazioni di capitalizzazione e liquidazione di un capitale a scadenza;
- ramo VI: gestione di fondi pensione.
Le più diffuse e di maggiore interesse per chi vuole coniugare protezione ed investimento sono le polizze ramo I e ramo III.
Nel definire le agevolazioni, il legislatore prima, e la giurisprudenza nel corso del tempo, hanno chiarito che i vantaggi sono legati all’aspetto di protezione. Per questo, alcune delle agevolazioni previste valgono solo per alcune tipologie di polizze o sono riferite ad alcuni aspetti di esse.
Detrazioni
La normativa prevede la possibilità di detrarre fiscalmente fino al 19% dei premi, con un tetto massimo di 530 euro, che si riferiscano ai contratti assicurativi che hanno per oggetto il rischio morte, invalidità permanente superiore al 5% e non autosufficienza. Complessivamente, il valore della detrazione può arrivare quindi a 100,70 euro.
Differimento della tassazione
Al momento della liquidazione, il rendimento (capital gain) è assoggettato ad imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 26%, come altri strumenti finanziari. Non costituisce, però, base imponibile la parte di premio collegata a prestazioni dirette a coprire il solo rischio morte o demografico.
Rispetto ad altri strumenti, tuttavia, l’imposizione del 26% prevista per il capital gain è differita al momento del riscatto o dell’evento morte, e non viene applicata durante la fase di maturazione della polizza. L’imposta, quindi, viene sì calcolata al 31 dicembre di ogni anno, ma viene prelevata solamente al momento della liquidazione. In questo modo, il capitale lordo continua ad essere investito e rivalutato. Ciò consente di avere un maggior rendimento atteso del portafoglio, in quanto diminuisce il valore della tassazione annuale.
Compensazione minusvalenze e plusvalenze
Sempre con riferimento all’imposta sul capital gain, il prelievo si applica sul risultato netto dell’investimento, che tiene conto, cioè, di tutti i rendimenti ma anche di tutte le minusvalenze che si sono manifestate durante l’investimento. Rispetto ad investimenti diretti in azioni o obbligazioni, per le polizze vita le minusvalenze possono essere compensate con tutti i proventi.
Imposta di successione
Ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. c) del D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, non concorrono a formare l’attivo ereditario “le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto”.
Questa esenzione fa delle polizze vita uno strumento particolarmente utile per la pianificazione successoria.
Tale beneficio è riconosciuto perché il passaggio di ricchezza ai beneficiari non si verifica per successione, ma “iure proprio”, in virtù del meccanismo della polizza, che, per sua natura, prevede l’erogazione di un capitale in caso di decesso dell’assicurato.
In termini di risparmio, l’aliquota massima da cui si viene esonerati è l’8%, prevista per parenti entro il quarto grado, affini in linea retta e affini in linea collaterale entro il terzo grado. Le altre aliquote ammontano al 4% per il coniuge e i parenti in linea retta, con una franchigia di 1 milione di euro per ciascun erede, al 6% per fratelli e sorelle, con una franchigia di 100mila euro per ciascun erede.
Insequestrabilità e impignorabilità
Sul fronte civilistico, infine, le polizze vita che hanno finalità previdenziali sono impignorabili ed insequestrabili, ai sensi dell’articolo 1923 del codice civile, secondo cui le somme dovute dall’assicuratore al contraente non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.
Perché le polizze vita godono di questi vantaggi?
Le polizze vita rappresentano uno strumento molto utile, sia a livello individuale che collettivo, per integrare la protezione pubblica con un supporto privato.
La necessità di tener sotto controllo la spesa pubblica, anche per effetto dei vincoli di bilancio definiti dall’Europa, ha portato ad una progressiva revisione della spesa sociale, di cui forse il capitolo della previdenza è quello più evidente. Per le famiglie, è stato così necessario integrare le garanzie del sistema pubblico con formule di protezione privata per mettersi al riparo da imprevisti ed eventi legati all’invecchiamento.
Questo spiega perché, negli ultimi anni, si è registrata un’attenzione costante agli strumenti assicurativi, in un Paese come l’Italia che, tradizionalmente, è sotto-assicurato rispetto a Paesi Europei1.
Da parte sua, il legislatore ha incentivato questo passaggio, perché una maggiore diffusione della copertura assicurativa consente un maggiore controllo della spesa pubblica, soprattutto alla luce dell’aumento dell’aspettativa di vita.
Ad esempio, in caso di premorienza della persona che, in famiglia, rappresenta la principale fonte di reddito, l’assicurazione sulla vita garantisce l’erogazione di un capitale, individuato dall’assicurato stesso, che si aggiunge all’intervento pubblico che non sempre è sufficiente rispetto alle esigenze della famiglia stessa. Se il decesso avviene per motivi non legati ad infortuni sul lavoro, infatti, al partner ed ai figli a carico resta l’assegno di reversibilità, che è però una percentuale ridotta del reddito o della pensione percepita dalla persona scomparsa, e potrebbe non bastare a mantenere il tenore di vita auspicato.
Il legislatore ha voluto quindi premiare ed incentivare chi previene questi rischi. Non è escluso, tuttavia, che dopo l’esperienza di Covid-19, possa partire un lavoro per integrare ulteriormente offerta pubblica e assicurazioni private. Secondo la presidente di ANIA, Bianca Maria Farina, “nell’unica prospettiva di migliorare l’offerta di sicurezza per la salute e il benessere dei cittadini, serve una rinnovata e organizzata collaborazione pubblico-privato, l’unica in grado di dare risposte soddisfacenti e su larga scala”. Come farlo? La leva da utilizzare potrebbe essere quella fiscale, in grado di agevolare l’ulteriore diffusione delle polizze vita.
1. “Allontaniamo i rischi, rimaniamo protetti”, ANIA, 2020