Quando gli scenari internazionali diventano particolarmente instabili generando una forte volatilità sui mercati finanziari, una delle prime reazioni rilevata dagli analisti è quella della crescita di domanda di beni rifugio.
In generale, si definisce “rifugio” un bene che ha un valore ritenuto intrinseco, che si presume rimanga tale qualunque sia la situazione sociale, politica ed economica contingente, come una guerra, il default di un Paese, una crisi economica.
Asset quali l’oro, le valute, le opere d’arte, ma anche gli immobili o i titoli di Stato diventano destinatari delle attenzioni di risparmiatori e investitori, che cercano così di bilanciare il proprio portafoglio, cercando beni meno esposti alla volatilità.
Bisogna, però, fare attenzione all’incremento dei prezzi, perché proprio nei momenti di maggiore difficoltà l’aumento della domanda fa crescere le quotazioni.
L’oro, bene rifugio per eccellenza
Secondo il World Gold Council, nel 2022 – anno contrassegnato dagli strascichi di Covid e dall’aggressione della Russia verso l’Ucraina – la domanda annuale di oro è cresciuta del 18% rispetto all’anno precedente, raggiungendo le 4.741 tonnellate, il valore più alto dal 2011, per effetto sia degli acquisti delle Banche Centrali che degli investimenti.
Materia prima utilizzata in applicazioni industriali ed artigianali, l’oro è, in effetti, considerato il bene rifugio per eccellenza, perché il suo valore intrinseco, nel lungo periodo, lo rende non correlato agli eventi esterni.
Ma come si investe in oro? Si possono acquistare fisicamente lingotti, da depositare in cassette di sicurezza, oppure accedere a soluzioni che investono in oro, che permettono di cogliere le opportunità date da questo bene, in modo semplice ed eventualmente monetizzabile, nel caso in cui si voglia cambiare la composizione del proprio portafoglio o si abbia bisogno di liquidità.
Bisogna prestare, però, attenzione all’andamento dei prezzi d’acquisto, che possono essere influenzati da variabili esterne.
In caso di instabilità, infatti, l’aumento della domanda condiziona il prezzo di questo metallo.
Le quotazioni sono strettamente legate anche all’andamento dell’economia americana, perché a livello borsistico l’oro viene scambiato in dollari.
L’andamento di questa valuta impatta, quindi, sull’oro: se il dollaro si rivaluta, occorrerà meno denaro per acquistare la classica oncia d’oro, perciò il prezzo scenderà; al contrario, se il dollaro americano si svaluta, ne occorre di più, quindi il prezzo dell’oro al grammo tende a salire. Per questo motivo il prezzo risente in maniera molto forte dell’andamento dell’economia americana.
Analogamente, poiché anche il petrolio viene scambiato in dollari, anche la quotazione del greggio ha effetti indiretti su quella dell’oro: un aumento del prezzo all’origine del petrolio fa abbassare il valore relativo del dollaro, facendo alzare il prezzo dei beni quotati in dollari, tra cui l’oro.
Allo stesso tempo, nel caso in cui ci fosse bisogno di liquidità, la vendita massiccia di stock di oro può portare al forte calo delle quotazioni, innescando quindi una forte volatilità dei prezzi in poco tempo.
Per questi motivi, l’investimento in oro dovrebbe essere sempre inserito in una pianificazione di lungo periodo, per diversificare il portafoglio nel tempo, evitando scelte estemporanee che potrebbero portare ad acquisire l’oro quando le quotazioni sono troppo elevate.
Non solo oro: gli altri beni rifugio
Esistono diversi beni rifugio, oltre all’oro. Lo sono, ad esempio, le opere d’arte, che rappresentano un asset di investimento con un valore intrinseco slegato dal contesto esterno, non solo in termini di conservazione del capitale, ma anche di opportunità di crescita, perché la rivendita può determinare un surplus per l’investitore. Le difficoltà, per questi particolari beni, sta nell’accessibilità ad opere d’arte di valore, visto il proliferare dei falsi, e nella custodia dei beni stessi, che può avere costi importanti.
Analogamente, sono beni rifugio gioielli, monete da collezione, auto d’epoca, ma anche l’immobiliare, nel senso di terreni, immobili, garage, che costituiscono un patrimonio solido rispetto a crisi esterne, sebbene anche in questo caso il prezzo di acquisto e vendita sia soggetto alle dinamiche di domanda e offerta del mercato.
Anche i titoli di Stato sono considerati beni per la difesa del capitale, perché caratterizzati da un rischio di solvibilità (cioè che uno Stato non riesca a ripagare il suo debito) tendenzialmente contenuto, soprattutto nei contesti europei dove c’è un sistema per cui, a fronte del rischio di fallimento di uno Stato, è previsto l’intervento dell’Europa, attraverso la BCE.
Quello che questi beni hanno in comune è soprattutto il ruolo di conservazione del capitale, più che di crescita dello stesso.
In quest’ottica è sempre bene tener presente il principio della diversificazione del portafoglio, per bilanciare il patrimonio con soluzioni che consentono di mantenere il valore senza perdere le opportunità che emergono sui mercati, anche in periodi di volatilità.