“Se mettiamo tutte le uova in un paniere, corriamo il rischio che, cadendo, si rompano tutte. Per ridurre il rischio di rompere tutte le uova, bisogna metterle in panieri diversi”. Così il portale pubblico di educazione finanziaria quellocheconta.gov.it, realizzato dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, introduce il concetto della diversificazione degli investimenti, rappresentati metaforicamente dalle uova1.
Dietro questo principio di buon senso c’è una delle teorie di base dell’economia finanziaria, quella della diversificazione degli investimenti, basata su modelli matematici elaborati da fior di economisti e che, dopo 60 anni, continua ad essere attuale.
La pandemia di Covid, con le sue conseguenze sul mondo economico e finanziario, ha infatti portato i risparmiatori ad adottare atteggiamenti di prudenza, con scelte d’investimento che resteranno orientate alla conservazione del capitale ancora per qualche tempo. La diversificazione del portafoglio di investimento è una delle strategie più adeguate per minimizzare il rischio e cogliere le opportunità emergenti, a patto di saper diversificare in modo efficiente.
Investimenti diversi ed indipendenti: così funziona la diversificazione
Punto di partenza da cui non si può prescindere quando si parla di investimenti è che il rischio è ineliminabile, perché connaturato all’investimento stesso. Come spiega la Consob, “il rischio altro non è che il prezzo da pagare per la possibilità di un maggior guadagno rispetto ad investimenti alternativi che promettono un minor guadagno2”.
Tuttavia, distribuire in modo ragionevole il proprio patrimonio tra attività finanziarie diversificate per strumenti (azioni, obbligazioni), settori, valute e aree geografiche consente di ridurre il rischio complessivo nel caso in cui uno o più componenti del proprio portafoglio non abbiano una prestazione “brillante”. A questo ci si riferisce quando si parla di diversificazione degli investimenti: una strategia che consente di ridurre la rischiosità del rendimento frazionando gli investimenti tra diverse attività finanziarie all’interno di un unico portafoglio.
Per riprendere l’esempio delle uova, se si dispongono tutte in un unico carro e questo ha un incidente, si perde tutto. Al contrario, se vengono distribuite tra più vettori, è meno probabile che questi subiscano contemporaneamente un incidente.
Di diversificazione iniziò a parlare nel 1958 l’economista statunitense Harry Markowitz, autore del saggio “Portfolio Selection: Efficient Diversification”, che gli valse il Nobel per l’economia nel 1990 insieme a Merton Miller e William Sharpe (“padre” del modello matematico Capital Asset Pricing Model).
Prima di Markowitz, gli investitori adottavano tecniche empiriche basate in gran parte sull’intuizione per valutare il rischio ed il rendimento delle diverse operazioni, secondo un’analisi che era condotta titolo per titolo. Con la sua Modern Portfolio Theory, l’economista americano dimostrò invece che, combinando opportunamente due o più investimenti, è possibile ottenere un risultato totale di uguale rendimento medio rispetto ad un investimento concentrato su una attività, beneficiando tuttavia di una maggiore stabilità e un grado di rischio inferiore.
In sostanza, in un portafoglio ben diversificato si determinano effetti compensativi capaci di contenere l’impatto del rischio sul valore del portafoglio, senza sacrificare il rendimento perché ogni elemento incide in maniera non rilevante sulla redditività complessiva delle risorse impiegate.
In sostanza, in un portafoglio ben diversificato si determinano effetti compensativi capaci di contenere l’impatto del rischio sul valore del portafoglio, senza sacrificare il rendimento perché ogni elemento incide in maniera non rilevante sulla redditività complessiva delle risorse impiegate.
Fluttuazioni sono inevitabili, ma considerando che quella della diversificazione è una strategia che vale nel lungo periodo, questo approccio consente in linea di massima di tenere sotto controllo il rischio.
Tuttavia, la diversificazione è condizione necessaria ma non sufficiente per minimizzare il rischio (che – va ricordato – non può essere annullato). Perché un portafoglio possa essere definito “ben diversificato”, è necessario che le attività su cui si investe siano decorrelate, ovvero indipendenti tra di loro, senza rischi in comune.
Riprendendo l’esempio delle uova, se queste vengono messe su vari carri che percorrono tutti lo stesso itinerario, potrebbero tutti essere coinvolti in un incidente. Al contrario, se le si caricano su mezzi che seguono percorsi diversi, è più probabile che quanto accade ad uno non influenzi gli altri.
Allo stesso modo, un portafoglio ben diversificato è composto da attività che non hanno fattori di rischio comuni e connessi a condizioni macroeconomiche che possono interessare la generalità degli investimenti.
Diversificazione, più che la quantità conta la qualità
Attraverso la diversificazione tra investimenti decorrelati è possibile ridurre al minimo il rischio specifico di ogni attività, mentre risulta non eliminabile il rischio sistemico, ovvero il rischio che vada in crisi l’intero sistema finanziario, innescando una reazione globale in cui tutti i mercati (azionario, obbligazionario), le valute, i settori ed i Paesi siano in qualche modo coinvolti. L’epidemia di Covid ne è un esempio, anche se sui generis, visto che in questo caso il “cigno nero” imprevedibile è nato in ambito sanitario ma ha impattato su economia e finanza.
Anche a fronte di questi eventi, che fortunatamente non sono frequenti, diversificare gli investimenti resta una strategia efficiente.
Se, infatti, la de-correlazione degli investimenti non può scongiurare il rischio sistemico, c’è un altro alleato prezioso che consente di minimizzare il rischio in un portafoglio diversificato, ovvero l’arco temporale dell’investimento: se si ragiona in un’ottica pluriennale, è assai più probabile che l’eventuale performance negativa di un investimento sia compensata da quella positiva degli altri.
Inoltre, la possibilità che si presentino rischi sistemici induce a riflettere non tanto sull’utilità della diversificazione, quanto sulle modalità: non basta, infatti, avere una certa quantità di asset diversi, ma è fondamentale valutarne la qualità, puntando su un buon portafoglio composto da pochi prodotti finanziari ben selezionati.
1. “4. Cos’è la diversificazione del rischio”, Quello che conta
2. “Rischio e rendimento”, Consob