Nessuno inizierebbe a costruire una casa senza aver prima fatto un progetto. Così dovrebbe accadere anche per la gestione del proprio capitale, che dovrebbe essere basata, a monte, su un’attenta pianificazione, in grado di definire il punto di partenza e di arrivo, di analizzare i possibili imprevisti legati ad ogni situazione e di individuare gli strumenti più efficaci per realizzare il proprio progetto di vita, attraverso gli investimenti più coerenti con il proprio profilo.
Sono diversi gli aspetti da tenere in considerazione all’interno di una corretta pianificazione finanziaria: il rischio che si è in grado di sostenere, l’importo da investire, i rendimenti attesi. C’è un elemento, però, che è in qualche modo trasversale e correlato a tutti questi aspetti e che impatta direttamente anche sulla scelta della tipologia di investimento più appropriata: l’orizzonte temporale.
Cos’è e come si misura l’orizzonte temporale
Nella quotidianità, l’orizzonte temporale definisce il tempo che si ha a disposizione per attendere lo sviluppo di determinati eventi.
In ambito finanziario, il concetto assume un connotato specifico, strettamente legato al rischio, che è a sua volta componente essenziale dell’investimento in quanto correlato al rendimento. In particolare, per orizzonte temporale si intende l’intervallo di tempo massimo entro cui l’investitore è in grado di non preoccuparsi delle oscillazioni di valore del proprio investimento.
Per definire il proprio orizzonte temporale è necessario, innanzitutto, stabilire il periodo di tempo, più o meno esteso, nel corso del quale si è disposti a rinunciare a una certa quantità delle proprie disponibilità finanziarie, così da poterne poi disporre in un periodo successivo. Ad esempio, si può stabilire che la liquidità che si desidera investire non sarà necessaria per 10 anni: in tal caso, questo lasso di tempo definisce la misura dell’orizzonte di disponibilità, ma non è ancora l’orizzonte temporale.
Quest’ultimo è invece legato alla disponibilità a non modificare i termini dell’investimento indipendentemente dall’andamento di mercato. Ad esempio, se alla fine del primo anno si riscontrasse una perdita del valore dell’investimento decennale, si potrebbe decidere di cambiare radicalmente il proprio portafoglio, spostando il capitale su asset diversi, oppure si potrebbe rimandare ogni decisione ad una nuova rivalutazione del portafoglio da effettuarsi più avanti nel tempo.
Nel primo caso, si parla di un orizzonte temporale di un anno, nel secondo caso decisamente più lungo, tanto quanto sarà l’intervallo di tempo trascorso fino alla eventuale modifica del portafoglio, alla luce di una valutazione successiva.
Breve, medio o lungo periodo: il fattore tempo negli investimenti
Sebbene sia difficile definire dei confini netti, l’orizzonte temporale viene generalmente valutato come di brevissimo o breve periodo quando la sua durata è sotto 3 anni; lo si considera medio tra i 3 e 5 anni, mentre è lungo se la prospettiva è di 5-10 anni, ma si può arrivare anche a 20 o 30 anni, se si pensa agli investimenti in ottica previdenziale.
Caratteristica principale dell’orizzonte temporale di breve periodo è un lasso di tempo piuttosto ridotto e, quindi, solitamente non sufficiente a recuperare eventuali perdite dovute alle normali oscillazioni dei mercati finanziari. Per questo, ad un orizzonte di breve periodo si associa un approccio prudente, finalizzato a proteggere il proprio patrimonio, magari per costituire un “tesoretto” utile ad affrontare spese ravvicinate, evitando che i propri risparmi siano erosi dall’inflazione a cui sarebbero sottoposti se immobilizzati sul conto corrente.
Al contrario, orizzonti di lungo periodo possono più facilmente essere correlati alla ricerca di investimenti caratterizzati da rendimenti più elevati e un profilo di rischio maggiore, che potrebbe essere mitigato con un’adeguata diversificazione del portafoglio o ridotto all’approssimarsi della scadenza con strumenti ad hoc (come lo switch). Poiché il tempo a disposizione è più ampio, diventa maggiore la probabilità di minimizzare l’impatto di eventuali perdite momentanee e massimizzare i rendimenti.
Ad esempio, prendendo come riferimento l’indice di mercato azionario MSCI World, che raggruppa i titoli azionari di tutti i mercati dei paesi sviluppati nel mondo, si vede che nel corso del tempo ci sono state delle variazioni, anche negative, ma nel complesso il trend è in salita: mantenere l’investimento per 5 anni ha consentito quindi di contrastare con efficacia la volatilità, ottenendo rendimenti non ottenibili con l’accantonamento del risparmio non gestito, coerenti con le proprie attese.

Il medio termine è una via di mezzo tra breve e lungo periodo. Il tempo a disposizione è sufficientemente ampio, infatti, per puntare su un mix: si può così dedicare una parte del capitale a strumenti più prudenti, e una parte ad asset con un potenziale di rendimento decisamente superiore.
Come scegliere? La definizione del proprio orizzonte temporale dipende da fattori essenzialmente soggettivi, perché legata alla specificità della situazione personale (anagrafica, familiare, economica, lavorativa) e agli obiettivi che si puntano a realizzare con l’investimento: conservare il capitale, integrare la pensione, valorizzare i risparmi per realizzare dei progetti.
Fondamentale, dunque, è definire la propria situazione di vita, per poter effettuare una pianificazione coerente con il proprio orizzonte temporale, costruendo un portafoglio diversificato che consenta di cogliere le opportunità di investimento.