Colmare il gap tra reddito da lavoro e pensione diventerà sempre più una priorità, soprattutto per le giovani generazioni, a partire da quella dei Millennials, che avranno vitalizi inferiori rispetto a quelli dei loro genitori, nonostante debbano lavorare più a lungo.
Ne è consapevole anche l’Europa, che, per la prima volta nella sua storia, ha deciso di intervenire sul fronte previdenziale, dando vita ai PEPP, acronimo di Pan European Personal Pension Product1.
Nell’immaginario collettivo sono considerati una “pensione europea”, ma in realtà sono fondi pensione che vanno ad inserirsi nel variegato mondo della previdenza complementare, ovvero gli accantonamenti che, privatamente e volontariamente, il lavoratore decide di destinare all’integrazione della pensione pubblica.
Ma come funzionano i PEPP? E basteranno a colmare il gap previdenziale?
PEPP, come funzionano e quando saranno disponibili
Nati nel 2017 su proposta della Commissione europea, i fondi pensione rappresentano un tentativo per armonizzare il risparmio previdenziale.
L’iter è stato lungo: il 22 marzo è entrato in vigore il regolamento Ue 2019/1238 relativo proprio all’introduzione dei PEPP nel sistema previdenziale nazionale, mentre ora spetta ai singoli Stati recepire la normativa europea.
In generale, nel 2023 dovrebbero essere disponibili i primi PEPP, che dovranno esser registrati nell’apposito elenco tenuto dall’Eiopa, l’Autorità di vigilanza europea. Potranno essere proposti da compagnie assicurative, banche, fondi pensione professionali, società di investimento e gestori patrimoniali.
Per chi aderisce, i contributi saranno versati su base volontaria, dagli stessi risparmiatori, dai loro datori di lavoro o dai committenti e saranno deducibili dal reddito complessivo fino ad un massimo di 5.164,57 euro.
Novità di questi strumenti di previdenza complementare individuale volontaria sarà la possibilità di continuare ad accumulare contributi nello stesso prodotto anche se cambia residenza e si trasferisce in un altro Paese dell’Unione Europea. In questo senso, i PEPP avranno la capacità di superare i confini nazionali e per questo sono definiti “paneuropei”. Nella pratica, ciò si concretizzerà in un sistema di sotto-conti, ovvero di sezioni nazionali che rispettano i requisiti e le condizioni previste dallo Stato membro di riferimento.
Nella versione attuale, è previsto un tetto massimo ai costi pari all’1% del capitale accumulato su base annua, la protezione sul capitale investito e la possibilità di cambiare fornitore ogni cinque anni.
Le prestazioni pensionistiche potranno essere erogate in diversi modi, anche in combinazione fra loro, ovvero come rendita o capitale erogato in una soluzione.
Resta però il nodo degli sgravi fiscali, che devono essere definiti dai singoli Governi nazionali. L’auspicio della Commissione è che ai nuovi prodotti paneuropei siano riconosciuti gli stessi sgravi fiscali concessi ai prodotti pensionistici individuali nazionali.
PEPP: basteranno a colmare il gap pensionistico?
Con i PEPP si va ad ampliare il panorama dei fondi pensione, che permettono ai lavoratori di avere risorse aggiuntive rispetto alla pensione pubblica.
Difficile dire se ciò basterà a colmare il gap pensionistico, perché ogni situazione va valutata a sé.
La differenza tra il reddito da lavoro e la pensione è frutto di una serie di fattori, come l’età della pensione e i contributi versati nel corso della propria carriera. L’impatto del gap dipende, invece, dalle prospettive e dai fabbisogni che ciascuno pensa di voler soddisfare nell’età della pensione: percepire un vitalizio pari al 55-60% del reddito da lavoro (per le pensioni calcolate con metodo contributivo) può rappresentare un problema per qualcuno, mentre può non esser rilevante per qualcun altro.
Di certo c’è che, in ogni caso, la previdenza integrativa è un pilastro utile a colmare il gap, accessibile versando i contributi volontariamente nei fondi pensione (come i PEPP), che in genere hanno un approccio di investimento prudenziale, mirato soprattutto alla conservazione del capitale.
I fondi pensione non sono, però, l’unica strada per colmare il gap pensionistico.
Anche la gestione dei risparmi nel corso della vita, con piani di accantonamento ed investimento in linea con il proprio profilo, è uno strumento utile a formare un capitale, di cui beneficiare anche sotto forma di rendita, una volta andati in pensione. Un esempio è costituito dalle polizze vita, sempre più apprezzate dai risparmiatori, perché uniscono la tutela assicurativa con la gestione dei patrimoni, in base al profilo di rischio ed alle aspettative di rendimento.
Le due soluzioni non si escludono: è possibile affiancare, infatti, alla previdenza integrativa dei PEPP (o degli altri fondi pensione) altri strumenti di gestione del capitale. Questo consente di differenziare il proprio portafoglio, minimizzando i rischi da cui non sono esenti neanche i fondi pensione, e pianificare il proprio futuro previdenziale, in base alle proprie esigenze.
1. “Pan-European Personal Pension Product (PEPP)”, Eiopa